“Non mi sono mai trovata in una situazione così complicata, nemmeno quando ero sulle navi rompighiaccio in mezzo al mare artico. Sarei entrata subito a Lampedusa, perché la situazione politica mi sembrava così compromessa da non lasciare speranze. Però non sono sola, la mia scelta avrà conseguenze sul capo missione, sul proprietario della nave e sulle persone di Sea-Watch che a terra lavorano con noi. Rischiano di essere accusati di reati gravissimi. Non è facile, sono preoccupata per loro”.

Lo ha detto e lo ha fatto. Il capitano della Sea Watch-3, Carola Rackete, è entrata nelle acque italiane per portare in salvo i 42 migranti recuperati al largo delle coste libiche, ormai 14 giorni fa.

Destinazione Lampedusa, il porto più sicuro e più vicino. Dodici, dalla costa, devono essere le miglia nautiche di “rispetto” oltre le quali non è concesso avanzare.

Carola ha atteso che la Corte europea dei diritti dell’uomo si pronunciasse. E, nonostante la sentenza abbia respinto il ricorso, fa rotta verso Lampedusa.

La Corte non ha ritenuto obbligo dell’Italia offrire un porto ai migranti. Ha però invitato le autorità italiane a garantire rifornimenti e cure mediche alle persone a bordo.

Nel frattempo, le motovedette della Guardia di Finanza già sono dirette verso la nave ed anche il ministro Salvini non attende a reagire. “Sono stufo, lo sappia quella sbruffoncella (?!?). La nave è olandese, la nostra pazienza ha un limite. Hanno fatto una battaglia politica sulla pelle dei migranti. Qui non sbarca nessuno. Mi sono rotto le palle.

Un comandante non abbandona la propria nave (chiedetelo ai naufraghi della Costa Concordia!), né abbandona i passeggeri (per usare un eufemismo) al proprio destino.

Carola Rackete ha 31 anni, è tedesca e la sua coscienza di capitano le impone la responsabilità di 42 vite umane. Tra cui 3 minorenni di 11, 16 e 17 anni.

A prescindere da coma la si pensi, è fondamentale sottolineare che questa decisione, lo dice lei stessa, non sarà priva conseguenze legali.

La nave Sea-Watch 3 sarà confiscata. Carola Rackete multata (di 50.000 euro, pare) e denunciata insieme al suo equipaggio.

I migranti sono disperati. Qualcuno minaccia lo sciopero della fame, altri dicono di volersi buttare in mare o tagliarsi la pelle. Non ce la fanno più, si sentono in prigione.” Questa è la situazione a bordo, raccontata da Carola.

E a chi le chiede perché non faccia rotta verso l’Olanda (Paese di bandiera della nave), come vorrebbe Matteo Salvini, risponde:

è ridicolo, bisognerebbe circumnavigare l’Europa! Oltretutto anche l’Olanda non collabora. Non è colpa nostra se in Libia c’è la guerra, ci dicono. Non è colpa nostra se l’Africa è povera. Siamo circondati dall’indifferenza dei governi nazionali“.

Aggiungiamo che anche Malta ha negato l’autorizzazione allo sbarco e che la Tunisia, altro (im)possibile approdo, non ha una normativa che tuteli i rifugiati.

Non sarà facile per più di qualcuno ma, trattandosi di vite umane, proviamo per un attimo a sospendere il facile giudizio che, ultimamente, caratterizza i nostri tempi.

I nostri assurdi tempi, delle nostre facili vite, specchiati nelle nostre inutili conversazioni (virtuali o reali che esse siano).