Avrebbe compiuto 91 anni il prossimo 20 agosto.

Luciano de Crescenzo si è spento al Policlinico Agostino Gemelli di Roma, dove era ricoverato da giorni per una brutta polmonite.

Ad assisterlo fino alla fine la figlia Paola.

Luciano nasce nel 1928 a Napoli, nel borgo di Santa Lucia. Nello stesso stabile di Carlo Pedersoli, più noto come Bud Spencer, amico di una vita.

Si laurea in ingegneria idraulica all’Università Federico II di Napoli, con 110 e lode, e lavora per vent’anni all’IBM Italia, raggiungendo il livello di dirigente nella sede di Roma.

Nel 1977 pubblica per Mondadori “Così parlò Bellavista“. Nonostante il discreto successo del libro, non vuole abbandonare il posto fisso.

Maurizio Costanzo, dopo aver letto il libro, lo invita nella sua trasmissione “Bontà Loro“. Da allora De Crescenzo si convince a rinunciare allo stipendio fisso e a dedicarsi a tempo pieno alla scrittura.

Pubblicherà più di 50 libri e venderà più di 20 milioni di copie in 25 paesi. Tradotto in 19 lingue.

Ha scritto, diretto e interpretato quattro film: “Così parlò Bellavista“, “Il mistero di Bellavista“, “32 dicembre” e l’ultimo, “Croce e delizia“.

De Crescenzo, oltre ad essere stato un romanziere, è stato anche un grande divulgatore. Con i due volumi de “La storia della filosofia greca” ha spiegato a tutti, in modo semplice, la filosofia.

E proprio l’affetto dei lettori non gli è mai venuto meno, rendendolo uno degli autori più venduti in Italia e all’estero.

La critica, al contrario, spesso lo ha snobbato o sotto-dimensionato. Soprattutto certi intellettuali dalle mille arie che non possono, né vogliono, accettare il paradigma quantità-qualità.

Probabilmente, anzi sicuramente, erano solo molto invidiosi del successo di De Crescenzo che loro non riuscivano a replicare.

De Crescenzo era un artista dai mille colori. Come la sua Napoli. E oggi la città di Partenope piange uno dei suoi figli più amati.

Il sindaco Luigi de Magistris ha proclamato il lutto cittadino nel giorno del funerale.

A proposito del suo funerale, Luciano affermava: “il mio funerale si terrà minimo alle 22. Alle 11 di mattina i miei amici dormono tutti”.

Era così Luciano. Divertente, ironico, sprezzante, anche se non era esente da grandi malinconie e tristezze profonde. Amava la bella vita e le donne.

L’indimenticata Moana Pozzi nel suo, oramai introvabile, libro “La filosofia di Moana”, nel quale senza pietà dava i voti a molti dei suoi amanti, a Luciano dà un bel sette. Voto molto più alto rispetto a quello di molti prestanti sportivi finiti nel suo letto.

Tra i tanti che lo piangono, in primis i suoi amici storici: Renzo Arbore e Marisa Laurito, che dichiara: “era la mia famiglia, è stato mio padre, mio figlio, un parente stretto. Tutti i Natali li abbiamo passati insieme“.

Lo voglio ricordare con una sua battuta sprezzante, data abbastanza recentemente, in un’intervista al Mattino. In risposta alla solita critica rivoltagli da tanti colleghi invidiosi del suo successo su argomenti “alti“, come la filosofia, disse: “io non sono un filosofo. Al più mi definirei un simpatizzante“.